Thursday, October 20, 2011

Marios!


Chiedo venia ma, dev'essere un vizio generazionale, ogni volta in cui trovo Buddha sulla mia strada gli sparo. Metaforicamente, s'intende.

Chiunque non si pensi come Dio (indefinibile, illimitato, onnicomprensivo, transitante da una definizione all'altra nel desiderio di non avere definizioni) sta, purtroppo, nell'armadio di chi dichiara di voler distruggere gli armadi. Non basta ripetere ad oltranza, come Lutero, "Non sum" ("Non sono", ed anche "Non esisto") per sparire come uomo, donna, gay, lesbica, ecc. agli occhi propri o degli altri. Il perfetto "queer" dovrebbe stare sospeso in un mondo iperuranio in cui (ironia della sorte, quando si continua a scambiare le parole con le cose!) proprio in nome dell'inclusività totale di ciò che sceglie di essere di volta in volta, non può entrare in relazione con nessuno. Se non posso definirmi, e quindi non sono distinguibile da nessun altro, giacché l'altro parimenti non è definibile, con chi entro in rapporto?

E, contestualmente, vi pare che stiamo parlando di "esperienze reali", di qualcosa che potete riconoscere (e quindi, un'altra volta, definire!) nella vostra vita?

Non credo sia un caso se i teorici e le teoriche queer si interessano in maniera precisissima e dettagliata più degli oggetti e dei feticci utilizzabili in campo sessuale che della relazione sessuale stessa (l'affettività non pare essere per loro un campo di indagine, e nemmeno una questione degna di nota, neppure se interagente con il sesso).

In conclusione, contesto il fatto che assumere un'identità sia per forza prescrittivo in termini negativi: se putacaso io esercito la professione di dentista, ed al "queer" fa male un dente cariato, forse sarà molto trasgressivo e rivoluzionario dichiarare che, il giorno in cui lui/lei mi si presenta, io sono una callista e non posso farci niente, ma è molto probabile che il queer si incazzi giustamente di brutto e cerchi un/una dentista meno rivoluzionario/a e più professionale…

Un nuovo concetto di universale, anche se ora non assume più l'immagine di un diamante purissimo ma di una mappa "contaminata" a macchia di leopardo, non mi serve a nulla: almeno fino a quando io intenderò liberare me stessa assieme al resto del genere umano, e non liberarmi da me stessa (farò anche schifo a qualcuno/a, ma è stato solo l'amore che sono riuscita ad avere per me a creare quel ponte verso gli altri/le altre che io chiamo "amore del mondo").

Dire: oggi sono gay, domani sono etero, dopodomani sono una donna (e fra tre giorni sarò un polipo trisessuato di Urano) per cui mi comporto di conseguenza, fa esattamente quello che i queer vorrebbero sfuggire: prescrive comportamenti immodificabili.

Perché se quando sono gay vesto firmato e mi scopo Mario, quando sono etero vesto in jeans e scopo con sua sorella (ma ci riesco solo se penso a Mario), quando sono donna metto il migliore dei miei baby doll e scopo Mario e quando sono un polipo trisessuato Mario vorrebbe cacciarmi nella pentola del bollito, io sono (al massimo) un bisessuale con forte propensione omosessuale e una grande fantasia: ma una fantasia non bastante a mettere in discussione i ruoli socio-culturali ascritti alle categorie menzionate.

Io avrò in testa una gerarchia per cui un gay si deve comportare così ed una donna cosà, ma non mi verrà neppure in mente di discutere se questo sia vero, falso, opportuno, ecc.: la mia "liberazione" consisterà nel passare da una definizione data ad un'altra.

E in effetti, se io non posso neppure definire me stesso, cosa volete che perda tempo ad indagare generi, ruoli, categorie? Ci sono, ed io mi limito (proprio, LIMITO) a passarci in mezzo recitando ora un personaggio, ora l'altro.

Sapete, l'unico problema che ho è che i vicini di casa non lo capiscono, e ci chiamano "froci", a me e a Mario…

Tratto da:
http://www.culturagay.it/cg/saggio.php?id=90

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